Gli sport invernali potrebbero sparire e il paesaggio montano cambiare radicalmente. Secondo una ricerca italiana pubblicata su Nature Climate Change, la durata delle nevi sulle Alpi si è ridotta di oltre un mese, 36 giorni, rispetto alla media degli ultimi 600 anni. Analizzando gli anelli di accrescimento del comune ginepro, i ricercatori sono stati in grado di ricostruire la storia della durata della copertura nevosa fino al 1400. “Da diversi decenni si assiste a un costante declino senza precedenti – spiega Marco Carrer, primo autore dello studio – che si ripercuote non solo sugli ecosistemi montani ma anche su tutte le attività umane che dipendono dai bacini idrologici a valle”. Le previsioni future suggeriscono che entro fine secolo la durata delle nevi potrebbe ulteriormente ridursi di 26-76 giorni. Un ulteriore calo metterebbe a repentaglio non solo lo sviluppo dello sci ma anche le scorte d’acqua necessarie per scongiurare rischi come la siccità. Un servizio meteorologico britannico ha previsto che il 2023 potrebbe essere l’anno più caldo di sempre, mentre il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida ha appena firmato decreti a sostegno delle imprese agricole più danneggiate dalla siccità. Il ministro al Turismo Daniela Santanchè propone invece di “restituire all’agricoltura la neve prodotta artificialmente” per salvare la stagione invernale. Un progetto condotto da Enea, Università degli Studi di Cagliari, Crs4 e Mutah University (Giordania) punta poi a sostituire i fertilizzanti chimici con microrganismi e batteri in grado di favorire la crescita delle piante anche nei periodi di siccità, migliorando le funzioni del suolo e la produzione agricola.

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