La famiglia di Emanuela Orlandi ha reagito positivamente alla decisione del Vaticano di riaprire il caso della giovane scomparsa nel 1983. La riapertura delle indagini, decisa dal promotore della giustizia vaticana Alessandro Diddi insieme alla Gendarmeria, è stata una risposta alle istanze presentate dal fratello Pietro Orlandi nella ricerca della verità sulla sua fine. Gli inquirenti seguiranno nuove piste ma anche vecchie indicazioni non troppo approfondite, con l’obiettivo di non lasciare nulla di intentato e chiarire presunte zone d’ombra. La legale della famiglia, Laura Sgrò, ha commentato: “Siamo contenti dei nuovi accertamenti dell’autorità vaticana. Abbiamo presentato due denunce, la prima nel 2018 e la seconda nel 2019. Non so su quale base abbiano aperto, lo abbiamo appreso dagli organi di stampa”. L’avvocato ha poi rimarcato: “Siamo curiosi di saperne di più anche noi. Reputo che la famiglia Orlandi sarebbe dovuta essere avvisata un po’ prima”.
La riapertura del caso Orlandi da parte del Vaticano rappresenta un importante passo verso la ricerca della verità sulla scomparsa della giovane. Si tratta di un segnale importante in direzione della trasparenza voluta da Papa Francesco, che rappresenterà per i cari di Emanuela un piccolo spiraglio di speranza nella ricerca della verità dopo oltre quarant’anni.

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