Alexey Prostakishin, Andrei Pichuyev, Alexey Roik, Dmitry Sidorov, Vladimir Potanin, Sergei Fedoseenko e Evgenij Fedoshenko sono solo alcuni dei soldati di leva appena arruolati dalle province più remote della Russia che hanno perso la vita nel conflitto in Ucraina. L’analisi dell’esperta di calcolo quantistico al centro di ricerca computazionale dell’università di Notre Dame Mariya Vyushkova, russa di etnia buriata, ha rilevato come la mobilitazione voluta dal Cremlino sia più ampia di quanto ammesso ufficialmente e stia producendo migliaia di vittime. La rete a strascico del regime ha particolarmente colpito le province remote dell’Est e dell’Artico, dove eventuali proteste preoccupano meno il Cremlino. Ad esempio la Chukotka, un angolo dell’estremo oriente artico, ha già pagato con i suoi coscritti un tributo di sangue decine di volte più alto della media russa.
Esiste una rete clandestina che, dai necrologi nei giornali locali o dai post, tiene il conto giornaliero dei caduti. Dai dati raccolti Vyushkova stima che il numero totale sia di circa 22 mila morti. Inoltre aziende e imprese russe stanno preferiscono assumere donne o anziani anziché uomini rischiando così finire nel tritacarne ucraino. La mobilitazione continuerà e l’attuale clima di rivolta nella società non riuscirà a fermare il Cremlino.

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