Il sistema di Luca Palamara è pronto a entrare nuovamente in azione per l’elezione dei componenti laici del Consiglio Superiore della Magistratura. A confermarlo è stato ieri il Corriere della Sera, da sempre ben informato sulle logiche che caratterizzano Palazzo dei Marescialli. Nella scelta dei dieci membri laici, da individuarsi tra professori di diritto o avvocati con almeno quindici anni d’iscrizione all’albo, i partiti, secondo quanto riportato dal Corriere, “non potranno non tener conto dell’orientamento della magistratura”. Di fatto, nonostante la recente legge di riforma dell’organo di autogoverno della magistratura abbia previsto le autocandidature per evitare ripetizioni degli accordi preventivi fra toghe e politica, la scelta finale spetterà sempre ai magistrati. A dispetto della sovranità del Parlamento e dell’indipendenza fra i poteri dello Stato.
Il quadro delineato dal Corriere fa tornare alla mente quanto accaduto alle ultime elezioni del Csm, quando Palamara imperversava. Ne ha parlato Antonello Racanelli, ex segretario nazionale di Magistratura indipendente ed attuale procuratore aggiunto a Roma. Durante l’estate del 2018, pochi giorni prima del voto in Parlamento per i componenti laici, Racanelli ricevette una telefonata da Giuseppe Cascini, anch’egli procuratore aggiunto a Roma ed esponente di spicco delle toghe progressiste. Lo scopo era quello di ‘caldeggiare’ la nomina del decano dei costituzionalisti Massimo Luciani.
“Sentiti Antonello – disse Cascini – qui bisogna pensare seriamente; c’è un grosso professore di diritto costituzionale che però ha una richiesta: lui accetta di essere nominato tra gli eletti dal Parlamento solo se c’è l’accordo all’unanimità di tutti i gruppi sulla sua candidatura”. Racanelli rispose che non spettava a lui decidere ma che avrebbe trasmesso il messaggio e la richiesta ai consiglieri di Magistratura indipendente. I cinque consiglieri, dopo essersi consultati, fecero sapere che Luciani non andava bene e Racanelli avvisò subito Cascini.
Trascorsa qualche settimana Cascini andò a trovare Racanelli in ufficio a piazzale Clodio. “Sai – disse – sento dire che probabilmente Mi intende appoggiare il professore Lanzi; ti comunico che Lanzi è stato autore di un’audizione in Commissione bicamerale in cui ha parlato della separazione delle carriere”. Solo grazie all’intervento congiunto di Palamara e Cosimo Ferri si sbloccò la trattativa ed il 27 settembre del 2018 si giunse all’elezione del vicepresidente con 13 voti per Ermini e 11 per Benedetti.
La legge Cartabia rischia dunque di diventare un classico specchietto per le allodole. L’ex presidente della Consulta prese spunto dall’idea lanciata l’anno prima dal ministro Bonafede sull’introduzione delle autocandidature come praticata dai Grillini sul sito Rousseau.