Non voglio dare la patente di buono o cattivo a nessuno, ma semplicemente verificare lo stato dell’arte sulla consapevolezza che i singoli parlamentari hanno del tema della disabilità. Così l’ex ministro della famiglia, Antonio Guidi, oggi senatore di Fratelli d’Italia, spiega la sua idea, ora work in progress, di verificare la conoscenza di base sulla disabilità di coloro che sono chiamati a legiferare su un tema così delicato.

Perché ha scelto di schierarsi con Fratelli d’Italia? “Ho aderito sin dall’inizio a FdI perché riconosco a Giorgia Meloni una certa coerenza nel mettere al centro l’equità sociale e la disabilità al primo posto del suo programma”. Come si spiega che la sinistra non abbia eletto neanche un parlamentare disabile? “Le grandi leggi nascono dai governi precedenti in cui la sinistra era assente. La sinistra è molto brava a parlare, ma poco a concretizzare. Per la disabilità ha fatto veramente poco. Io faccio sempre l’esempio dell’uomo disperso nel deserto. La sinistra gli dà un bicchiere d’acqua per sopravvivere e per condizionarlo, ma non un fiasco d’acqua per risolvere i problemi. La destra parla meno e concretizza di più. Ricordo che il primo disabile eletto è stato Franco Piro col Psi. Ha fatto tanto per la disabilità, ma non è mai stato tenero con la sinistra comunista. Anzi…”.

Ritiene che il Ministero per la disabilità stia operando bene? “Non è la prima volta che la destra istituisce il Ministero della Disabilità ed è un bene perché quando c’è un ministro gli si possono dare anche le colpe per le inefficienze. È un punto di riferimento importante sia per chiedere sia per proporre. È un segno di onestà e voglia di fare. È stata una scelta corretta e coraggiosa”.

Quali sono le iniziative che si dovrebbero adottare per i disabili? “Esistono già ottime leggi, forse uniche in Europa, ma poco applicate. La prima cosa è verificare l’applicazione reale delle leggi vigenti, affinché i diritti delle persone con disabilità non restino diritti deboli. Poi, servirebbe un aumento reale delle pensioni di disabilità, stabilite con un metodo trasparente di verifica della disabilità. Bisogna progettare un vero ‘dopo di noi’ e riconoscere i caregiver. Ma non solo. È necessario aggiornare il nomenclatore tariffario e stiamo già lavorando su questo”.

Il “dopo di noi” concretamente è realizzabile? “Va fatta qualsiasi cosa per migliorare i momenti critici della vita di una persona. Progettualità, attuazione e verifica sono le basi da cui si deve ripartire. Credo che la sfida fondamentale sia evitare che ciò che è ‘dopo di noi’ diventi un incubo. Per fare questo, serve valorizzare, per quanto possibile, le strutture socio-riabilitative territoriali e che evitino l’istituzionalizzazione.

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