La città di Juliaca, con i suoi 280mila abitanti nella regione meridionale di Puno, ha vissuto ieri il suo giorno più tragico dall’inizio delle proteste dei supporter dell’ex presidente golpista Pedro Castillo, da oltre un mese in carcere. Circa 9mila manifestanti della sinistra radicale si sono recati nella città da diverse province circostanti, e 2mila di loro hanno scontrato la polizia intorno all’aeroporto Inca Manco Cápac, con l’intenzione di occuparlo con la forza.
Il tragico bilancio degli scontri è di 18 persone uccise, compreso un poliziotto bruciato vivo all’interno della sua auto di servizio assediata da almeno 350 “manifestanti”. Si tratta del 29enne José Luis Soncco Quispe. Tra le vittime anche un neonato, deceduto all’interno di un’ambulanza bloccata dai manifestanti.
Il dramma arriva dopo che da giorni una violenta minoranza organizzata raduna migliaia di abitanti della regione di Puno. Oltre ai morti, il bilancio dei feriti è al momento di 35 civili e 75 poliziotti.
Il primo ministro Alberto Otárola ha dichiarato che i 2mila manifestanti hanno intrapreso un «attacco sistematico di vandalismo portato avanti da organizzazioni violenti» per occupare l’aeroporto di Juliaca impedendo l’arrivo delle medicine e il trasporto delle merci nella città. Prima di chiedere la fiducia al Parlamento ieri notte, Otárola ha aggiunto che i morti sono «responsabilità diretta di chi vuole fare un golpe». Inoltre sono stati individuati finanziamenti illegali dall’estero per provocare il caos.
Come misura preventiva, è stato imposto il coprifuoco a Puno e chiuso l’aeroporto di Ayacucho, feudo di Castillo e della narcoguerriglia Sendero Luminoso. Inoltre è stato ufficialmente vietato l’ingresso in Perù a tempo indeterminato all’ex presidente boliviano Evo Morales e agli otto boliviani a lui vicini coinvolti nel progetto politico separatista Runasur, considerato «una minaccia alla sicurezza nazionale e all’ordine pubblico» dal governo peruviano.

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