Il Pd in Congresso soffre per l’Ilva. Errori di Bonaccini e Schlein: quali conseguenze?

Ilva: il Pd parla, ma non sa cosa dire

Dopo anni di silenzio sulla vertenza dell’Ilva, oggi l’opposizione tuona contro il decreto che pone tutte le condizioni affinché l’azienda possa tornare a produrre. Complici le primarie congressuali, anche i due candidati segretario Stefano Bonaccini e Elly Schlein si sono improvvisati esperti siderurgici, con un’unica, tipica, vetusta ideona: cambiare la governance.

Bonaccini ha espresso la necessità di un “piano nazionale dell’acciaio, un accordo di programma per Taranto, la riconversione tecnologica, un robusto meccanismo di valutazione del danno sanitario”. Ha addirittura suggerito l’impiego graduale dell’idrogeno e l’utilizzo dei forni elettrici – grande novità! – senza sapere che il piano per aggiungere un forno elettrico e un impianto di DRI già c’è, finanziato dal governo Meloni.

Schlein ha parlato del bisogno di “una presenza maggioritaria dello Stato per rimettere al centro un piano di conversione”, affermando che “sono contenta che ci sia un allineamento forte, sinergico, tra la Regione, il sindaco di questa città e naturalmente le organizzazioni sindacali”. Tuttavia non è a conoscenza del fatto che mentre sindaco ed Emiliano chiedono la chiusura e cassa integrazione, i sindacati chiedono aumento produzione e piena occupazione.

Il Pd sembra ancora non aver capito quali siano le soluzioni più giuste da adottare per Ilva. Alla base di qualsiasi iniziativa dovrebbe esserci la volontà reale di trovare un equilibrio tra il diritto al lavoro e il diritto a respirare un’aria salubre. Solo così potrà essere possibile ristabilire il benessere della comunità tarantina.

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