Il dibattito è acceso sul tema dei concorsi pubblici in remoto per l’alibi Covid. La scelta di adottare procedure telematiche da remoto invece che dal vivo solleva numerose domande. È giusto lasciare al privato cittadino l’autocontrollo sulla selezione, unica strada per accedere a un posto pubblico? Una prova da casa è davvero presidio delle «esigenze di imparzialità di selezione tecnica e neutrale dei più capaci», come vuole la giurisprudenza?
I costituzionalisti sollevano preoccupazioni in merito all’impatto che le procedure telematiche da remoto potrebbero avere sulla tutela delle garanzie previste dall’articolo 97 della Costituzione. Ci sono poi aspetti relativi alla privacy da considerare con l’uso di proctoring e algoritmi che analizzano gesti e movimenti del candidato.
Al contempo, non si può ignorare l’esigenza di sveltire le procedure di selezione, con tempi ragionevoli e meno discrezionalità. Inoltre, occorre tenere conto del fattore umano, delle competenze psico-attitudinali e della motivazione del candidato.
Bisogna dunque cercare un equilibrio tra le necessità di adeguarsi alle nuove tecnologie, senza tralasciare i principi costituzionali. Un bilancio tra protezione dei dati e garanzie sullo svolgimento, per assicurare la massima trasparenza ed equità della selezione.
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