Se lo dicono da soli: persino il candidato dem alla guida della Regione Lombardia, Pierfrancesco Maiorino, definisce la diatriba last minute sulle regole delle primarie “assolutamente ridicola”. Il favorito per la segreteria, Stefano Bonaccini, nasconde a stento la propria impazienza: “Non si può stare a discutere di regole dopo un congresso di sei mesi, così sembriamo marziani”. Mentre sarebbe l’ora di occuparsi di politica, tanto per cambiare.
Infatti i voti degli italiani li prendiamo e li convinciamo su un’idea di sanità, scuola ed ambiente. Si è rischiato l’ultimo big bang del Pd sull’alzata d’ingegno post-grillina della candidata Elly Schlein che vorrebbe trasformare le primarie in una consultazione internet modello Rousseau. L’innovazione sarebbe servita per costringere il suo antagonista più forte a giocare in difesa e apparire molto ancien régime. Una situazione che ha portato l’allarme esistenziale lanciato dall’ex capogruppo Luigi Zanda: “Il declino del Pd mi spaventa: è un pericolo per la tenuta dell’intero sistema politico”.
Secondo il sindaco di Firenze Dario Nardella, il Pd è come l’Incompiuta di Schubert, una sinfonia non completata. Mancano ancora più di un mese alla designazione del nuovo segretario e all’assegnazione di una linea politica. Nel frattempo cresce la preoccupazione che Giuseppe Conte possa cavalcare le difficoltà del Pd per trattare da condizione di forza. Per evitare l’opa il candidato Cuperlo invita a non pensare che il compito del premier sia quello di trarre profitto dalle fatiche del partito.
A dimostrazione che non si può perseguire un’alleanza senza avere sintonia sui fondamentali c’è l’esempio del voto sul decreto pro-Ucraina al quale Pd e 5S si sono divisi nettamente. A tal proposito Enrico Borghi rammenta: “Dopo quel voto non si può continuare a parlare di campo largo come se nulla fosse. Possiamo anche fischiettare e parlare d’altro ma una coalizione senza unità sulla politica estera non si può costruire”.