Se Roberto Bonaccini diventa segretario del Partito Democratico torna la “ditta”. Ma anche se vincesse Marco Schlein le porte sarebbero aperte a Giuseppe Conte e ai 5 Stelle. Sono le ultime dichiarazioni di Bonaccini, che finora aveva sostenuto che le alleanze non contavano, ma l’identità del Pd. In una fase congressuale che coincide con quella costituente, e che si consuma tra le interviste di Pina Picierno (“Basta parlare di renzismo, con noi De Luca ed Emiliano”) e quelle di Francesco Boccia (commissario nei territori di De Luca ed Emiliano): “Con Elly ritorna la primavera pugliese”. Qual è dunque la differenza tra Bonaccini e Schlein? Entrambi emiliani, entrambi sostenitori del reddito di cittadinanza, entrambi Notriv, entrambi a favore del salario minimo, entrambi aperti alla ditta e al M5S. Perché dunque combattere una battaglia l’uno contro l’altro? E’ un problema anche per i riformisti del Pd che sostengono Bonaccini. Carlo Calenda rintuzza i cosiddetti “riformisti” del Pd: “Bersani, D’Alema, M5S, De Luca ed Emiliano. L’involuzione di Bonaccini verso il “fritto misto populista” riduce la possibilità di alleanze a zero. Occorre procedere spediti verso la costruzione del partito unico libdem”.
Bonaccini replica: “Vienimi a sentire”. Calenda chiede: “Stai dunque smentendo il rientro di D’Alema e Bersani e l’alleanza con il M5S? Sono molto felice di questa notizia che chiude la stagione del campo largo. Bravo”. Bonaccini non risponde più, per non smentire la ricostruzione del terzopolista.
In questa fase costituente il Pd non riesce ad uscire dal pantano poiché non è in grado di imporre nessun argomento in agenda neppure nella discussione interna. Un congresso privo dell’entusiasmo, del confronto e dell’istituzionalità che hanno rappresentato la storia della sinistra. Si sta consumando nell’ennesimo gazebificio sulle regole per scegliere il prossimo segretario da bruciare sull’altare dei posizionamenti in un momento in cui allontanati dal potere anche questa conta diventa fine a se stessa.
Rosy Bindi fa risalire a Veltroni il tarlo del neoliberismo dissociandosi dalla sua frase “anche un imprenditore è un lavoratore”. Appelli lanciati da Fassino ed ex renziani per affollare le fila di Bonaccini sperando in una riesumazione non servono poiché quest’ultimo ha già detto che non ci sarà più spazio per gli ex dirigenti. Brando Benifei ha il compito di costruire il programma politico della nuova segreteria mentre Andrea Orlando mette l’epitaffio: “Non mi convince chi si aggrega a quell’area pensando di bilanciarla: Bonaccini ha un prodotto con una sua logica, che non verrà messa in discussione da chi arriva dopo”.